Per molti anni la caffeina è stata oggetto di ricerche per malattie cardiovascolari:
Recentemente alcuni ricercatori hanno effettuato uno studio su alcuni pazienti dall’età media di 61 anni che hanno sofferto di insufficienza cardiaca per dimostrare che le bevande ricche di caffeina non implicano l’aumento del rischio di aritmie.
Ai partecipanti di questa iniziativa è stato dato del caffè decaffeinato al quale è stato aggiunto o caffeina o placebo, e durante l’assunzione effettuata ad intervalli di tempo di un’ora, i soggetti volontari sono stati controllati con monitoraggio elettrocardiografico continuo .
Pare infatti che, sintomi come palpitazioni, tachicardia, battito irregolare o altri danni della funzionalità cardiaca, non siano accellerati o provocati da un consumo moderato di bevande a base di caffeina. Di solito, se si ha uno stile sano di vita, assumere 300 gr di caffeina al giorno (l’equivalente di tre tazze di caffè) non rappresenta un problema per la salute. Anzi è stato rilevato che, per i bevitori abituali di caffè, c’è una piccola riduzione del rischio di aritmia.
Quindi i risultati di questi studi hanno fornito dati rassicuranti arrivando ad affermare che una assunzione regolare di caffè, così come non aumenta il rischio di malattie cardiovascolari in soggetti sani, non aumenta nemmeno il rischio di nuovi episodi cardiovascolari in pazienti già portatori di cardiopatie, diabete o ipertensione, e potrebbe anzi addirittura avere un effetto benefico e ridurne i rischi.
In conclusione non andrebbe del tutto vietata l’assunzione di caffeina in pazienti con malattie cardiache.
Tuttavia, risulta difficile escludere completamente questa relazione in caso di un consumo elevato. Un eccessivo consumo di caffeina, se associato ad altri fattori che influiscono sulla possibilità di sviluppare questo tipo di malattie (come, per esempio, il fumo, l’inattività fisica, il consumo di grassi saturi o l’abuso di alcool¬) può predisporre a dei problemi di salute in soggetti particolarmente sensibili.